Il rapporto tra l’uomo e il successo, unica arma possibile per vincere la morte

Scenic view of Queenstown, New Zealand with Milky Way

Scrive Haruki Murakami in 1Q84, utilizzando una metafora che grande fortuna ha avuto in letteratura, che la vita è come un treno. Un treno che col passare degli anni rallenta, poco a poco, fino ad arrestarsi completamente.

La maggior parte delle volte passiamo questo tempo, per dirla con Pirandello, senza “vederci vivere”, magari perché troppo presi dal flusso continuo ed inarrestabile della vita. Capita però, per una ragione o per l’altra, che da esso si venga catapultati fuori. È questo ciò che accade al protagonista della novella “Una giornata”, pubblicata da Pirandello sul Corriere della sera, il 24 settembre del 1936 e facente parte dell’ultima, emblematica, affascinante e grandiosa produzione pirandelliana, quella surrealista.

Il protagonista, un alter ego dell’autore, scende dal treno, ma sembra non ricordare nulla della sua vita, nemmeno chi egli sia; i passanti invece sembrano tutti riconoscerlo e lo trattano con riverenza. Solo grazie ad una effigie ritrovata in tasca e ad un documento della sua banca, l’uomo riesce a raggiungere la sua abitazione e, una volta arrivato, stanco, si mette a letto. Il mattino seguente scopre di avere una famiglia, dei figli che lo stanno andando a trovare, e addirittura dei nipoti. L’uomo, spaventato, sembra reagire come il celebre Urlo di Munch, quindi guardandosi allo specchio e guardando quei suoi occhi da bambino, ormai cresciuti e deformati dal tempo, si accorge di essere già arrivato all’ultima stazione della vita, la vecchiaia; tutto senza nemmeno accorgersene, perché il tempo scorre veloce e, soprattutto, è figlio del caos; è inoltre un qualcosa di artificiale, nato per mettere ordine ad un qualcosa che di ordine non ne ha, dove “un attimo e l’eternità si confondono nella medesima e insensata smemoratezza”.

Eppure nonostante ciò l’uomo cerca comunque di lasciare la propria impronta, forse per “sconfiggere” la morte o forse per lasciare qualcosa di esso nell’eternità.